🎙️ Puntata 1 – Diversamente abile? No, grazie

🎧 Ascolta l'articolo letto da Nicoletta:

Le parole che usiamo raccontano il modo in cui guardiamo il mondo.

Dire “diversamente abile” può sembrare una scelta rispettosa o politicamente corretta. Eppure, è un termine che porta con sé fraintendimenti, imprecisioni e un’idea distorta di inclusione.

📍 Dove nasce “diversamente abile”?

L’espressione ha iniziato a diffondersi in Italia negli anni ’90, ispirata alla versione americana “differently abled”, spesso adottata in ambito educativo o giornalistico. L’intento era quello di “addolcire” il termine “disabile”, ritenuto duro o negativo.

Ma sostituire una parola non basta, se non si cambia anche la cultura che le sta dietro. “Diversamente abile” suona rassicurante, ma è fuorviante.

🚫 Perché è un termine da evitare

  • Crea distanza, sottolineando una presunta “diversità” che invece dovrebbe essere accolta come parte dell’umanità.
  • È impreciso, perché tutte le persone hanno abilità diverse: non ha senso evidenziarlo solo quando si parla di disabilità.
  • È paternalista, perché tende a negare la reale esistenza di barriere e limitazioni, trasformandole in un generico “essere diversi”.
  • Non è riconosciuto nei documenti ufficiali, né nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, né nella normativa italiana.

Come dire (e scrivere) correttamente

📌 La forma più corretta, rispettosa e riconosciuta a livello internazionale è:

> Persona con disabilità

Perché:

Mette al centro la persona, non la condizione.

Riconosce la disabilità come il risultato dell’interazione tra la persona e le barriere ambientali e culturali.

Evita etichette o eufemismi che confondono o minimizzano.

🔍 Esempi concreti

EvitaUsa
“Un diversamente abile ha partecipato alla gara”“Una persona con disabilità ha partecipato alla gara”
“Agevolazioni per i diversamente abili”“Agevolazioni per le persone con disabilità”
Inclusione dei diversamente abili a scuola”“Inclusione scolastica delle persone con disabilità”

💬 Le parole contano

Scegliere un linguaggio corretto non è solo una questione formale: è un atto politico e culturale.

Parlare di “persone con disabilità” significa riconoscere i diritti, le esigenze, l’identità e la dignità di milioni di cittadine e cittadini.

Evitiamo parole che sembrano gentili, ma che nascondono una cultura dell’esclusione.

📚 Riferimenti utili

Linee guida per un linguaggio inclusivo – Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali

Linee guida RAI 2024 per la comunicazione sulla disabilità